INTERROGAZIONE SEN LUMIA SU COSA NOSTRA - CAPIRE IN ANTICIPO COSA FA

ePub Versione per la stampa Mostra rif. normativi Legislatura 17 Atto di Sindacato Ispettivo n° 4-07855 Atto n. 4-07855 Pubblicato il 19 luglio 2017, nella seduta n. 862 LUMIA - Al Ministro dell'interno. - Premesso che, sulla base degli elementi informativi acquisiti dall'interrogante: come emerge da numerose notizie di stampa, Cosa nostra a Palermo negli ultimi tempi sta rialzando il tiro; sono di solo pochi giorni fa le minacce ricevute dal giudice dell'udienza preliminare di Palermo Nicola Aiello, che ha trovato una croce disegnata sulla porta del suo ufficio; sul fatto sta indagando la Procura di Caltanissetta, impegnata inoltre sulle indagini riguardo alla missiva intimidatoria ricevuta, due giorni dopo ell'avvertimento ad Aiello, dal giornalista Salvo Palazzolo di "La Repubblica", nella quale si intimava di "finirla cu Borgo Vecchio" e di dire a "Nicola Aiello di tenersi basso a settembre"; i due episodi sono strettamente collegati: Nicola Aiello in autunno dovrà pronunciare la sentenza del processo scaturito dall'operazione "Panta Rei" sulle cosche palermitane, mentre Salvo Palazzolo, con il suo perseverante e coraggioso lavoro di denuncia, ha dato più volte "fastidio" a Cosa nostra, in particolar modo, recentemente, con le sue inchieste si è occupato di Borgo Vecchio, storico quartiere palermitano di mafia, e dei boss che via via si sono alternati al vertice; è del 10 luglio 2017 la notizia che riguarda il vile attacco subito dalla scuola palermitana intitolata a Giovanni Falcone, dove è stata decapitata la statua del magistrato ucciso nella strage di Capaci del 23 maggio 1992 e usata come "ariete" contro le mura della scuola; ed ancora, è del 18 luglio la notizia del danneggiamento della stele, alla periferia di Agrigento, in onore del giudice Rosario Livatino, ucciso dalla mafia il 21 settembre 1990. A fare la scoperta è stato un operaio che ha subito segnalato il vile gesto. Ignoti con un oggetto pesante, come una pietra o un martello, hanno diviso in due il cerchio su cui c'era scritto "A Rosario Livatino" divellendo il nome del magistrato, conosciuto come "il giudice ragazzino"; questi episodi sono solo gli ultimi segnali di un clima che nel capoluogo siciliano sta cambiando: si respira nuovamente "aria di mafia" e la città è tornata a popolarsi di "picciotti e padrini" scarcerati recentemente, con un ritorno al passato di circa 20, 30 anni. Si ricordano le scarcerazioni di Giovanni Grizzaffi, il nipote di Totò Riina, del boss di Bagheria, Pino Scaduto, e del suo vice. È dei primi mesi del 2017 la liberazione di un gruppo di boss arrestati nel luglio 2011, quando le indagini sulla latitanza di Gianni Nicchi si incrociarono con quelle sul mandamento di Pagliarelli che ingloba, oltre all'omonima famiglia mafiosa, quelle di corso Calatafimi, Borgo Molara e Rocca-Mezzo Monreale. L'elenco dei fermati prosegue con Michele Armanno, Vincenzo Annatelli, Mariano Morfino, Giovanni Tarantino e Giuseppe Zizo. Le scarcerazioni riguardano quasi tutti i principali mandamenti mafiosi della città. Ha scontato la pena Calogero Lo Piccolo, figlio di Salvatore, il barone di San Lorenzo, e fratello di Sandro, oggi entrambi condannati all'ergastolo. È libera Mariangela Di Trapani, 50 anni, 7 dei quali trascorsi in carcere. È figlia e sorella di 2 uomini d'onore, nonché moglie di Salvino Madonia, ergastolano per una serie di omicidi, fra cui quello dell'imprenditore Libero Grassi, simbolo di una lotta al racket pagata con la vita. È libero, sempre per fine pena, il boss Michele Micalizzi, originario di Pallavicino. Lunghissimo è l'elenco dei mafiosi di porta Nuova di nuovo liberi: Gregorio Di Giovanni, Francesco Chiarello, Tommaso Di Giovanni, Massimo Mulè, Salvatore Gioeli, Salvatore Sorrentino, Sandro Capizzi di Villagrazia, Salvatore Adelfio, Francesco Guercio, Gaetano Castellese, Massimo Mancino, Girolamo Rao, Giovanni Burgarello e Ignazio Traina. A breve, sarà libero pure Giampaolo Corso, il fratello Gioacchino, Tonino Lo Nigro di Brancaccio ed altri ancora; è opportuno ricordare un altro episodio avvenuto pochi mesi fa: l'omicidio in strada a Palermo di Giuseppe Dainotti, ritenuto esponente di spicco di Cosa nostra e vicino al capomafia Salvatore Cancemi. L'omicidio del boss Giuseppe Dainotti conferma l'ineluttabilità del ruolo che si ha dentro l'organizzazione mafiosa: da boss, infatti, non ci si dimette mai. Nonostante il carcere, i boss appena liberati tornano a far parte dell'organizzazione, anche a costo di rischiare di morire; il ricorso agli omicidi: quello di Dainotti è l'ultimo di una serie commessi in questi anni dalla mano mafiosa, per cui pensare che Cosa nostra dismetta l'uso delle armi è un errore clamoroso. Al fuoco preferisce il ricorso alle collusioni, pur sapendo che le armi sono sempre a portata di mano, anche quando si organizza attraverso le strategie tipiche e collusive dei "colletti bianchi"; i roghi di questi giorni scoppiati in via Messina Montagne e in via Tommaso Natale sono avvertimenti che gli investigatori attribuiscono al racket del pizzo. L'allarme lanciato da Daniele Maranno, dell'associazione "Addiopizzo", conferma che, negli ultimi tempi, si registrano in diverse aree della città fenomeni di recrudescenza criminale ed estorsiva; Cosa nostra ha dimostrato di tirare dritto per la sua strada e ha voluto dare il segnale di non temere le istituzioni e di essere pronta a tutto; nonostante i grandi successi ottenuti dallo Stato, c'è ancora tanto da fare. Serve una lotta sistemica e integrata contro la mafia, aperta su più fronti: quello repressivo-giudiziario, sociale-culturale e quello delle collusioni con l'economia, la finanza e la politica, si chiede di sapere: se il Ministro in indirizzo non ritenga opportuno analizzare il quadro complessivo delle scarcerazioni per fine pena, per valutare la reale durata delle pene, verificando i singoli casi; se non ritenga opportuno sviluppare un piano integrato nella lotta alle mafie, in grado di coinvolgere tutte le istituzioni, dal Governo al Parlamento, dalle Regioni, agli enti locali, alla scuola, alla società civile impegnata nella lotta alla mafia.

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